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Pozzi bevitori: una sperimentazione riuscita

pubblicato il 07/06/2010, ultima modifica 07/06/2010
I volumi idrici registrati nei due pozzi bevitori realizzati in località Tezzon a Cornedo Vicentino parlano chiaro: nei 6 mesi e mezzo di monitoraggio oltre 1 milione e 300mila metri cubi di acqua immagazzinati.

I dati fanno ben sperare.

I volumi idrici registrati nei due pozzi bevitori realizzati in località Tezzon a Cornedo Vicentino nel maggio 2009 ma messi a regime nel giugno successivo, parlano chiaro: nei 6 mesi e mezzo di monitoraggio oltre 1 milione e trecentomila metri cubi di acqua immagazzinati grazie alla convenzione tra la Provincia di Vicenza e l'ex Consorzio di Bonifica Riviera Berica ora Alta Pianura Veneta ed alla successiva collaborazione con l'amministrazione comunale cornedese.

Un dato importante e sorprendente come conferma l'Assessore alle Risorse Idriche Paolo Pellizzari: “Avevamo stimato in 200mila metri cubi per pozzo in un anno, attestando la soglia di successo sui 500mila metri cubi. Questa sperimentazione, complementare ai classici sistemi di ricarica della falda che necessitano di ampie superfici si sta dimostrando efficace anche a fronte di un investimento davvero irrisorio calcolando che ogni impianto è costato appena 10mila euro grazie anche all'intervento del Consorzio che ci ha messo la mano d'opera”. Come è noto sono sufficienti piccole aree per costituire un sistema detto disperdente che si affida a strutture verticale di 2 metri di diametro e 6 metri di profondità e collegati con paratoie alla rete irrigua o appunto a rogge con acque di buona qualità”.

E che la Roggia dei Lecchi, derivazione dal torrente Agno, risponda a queste caratteristiche lo conferma Lorenzo Altissimo, direttore del centro idrico di Novoledo: “Noi abbiamo in essere una convenzione con la Provincia legata proprio al monitoraggio delle acque di ricarica. Dal settembre 2009 abbiamo realizzato 8 controlli ed i dati relativi all'infiltrazione in questi due pozzi sono più che confortanti. L'acqua non ha metalli né presenta sostanze organiche inquinanti, è di durezza bassa come pure basso è il residuo”.

Monitorate mediante bioindicatori naturali (leggi, muschi acque), le acque di infiltrazione saranno ulteriormente verificate attraverso piezometri posti a valle del percorso che valuteranno il cosiddetto materasso alluvionale (pietrisco e pietrame) di cui ogni pozzo si compone. “E soprattutto – ricorda il geologo Andrea Sottani – bisognerà estendere la valutazione al lungo periodo per capire il comportamento del livello della falda freatica”.

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